La recidiva non giustifica il licenziamento
Cassazione civ., sez. lav., 4 maggio 2017, n. 10838: la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva in successive mancanze disciplinari come ipotesi di giustificato motivo di licenziamento non esclude il potere del giudice di valutare la gravità in concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati dalla recidiva, ai fini dell’accertamento della proporzionalità della sanzione espulsiva e ciò ai sensi delle norme di cui all’art. 3 Legge n. 604/1966, all’art. 7 legge n. 300/70 e all’ art. 2119 c.c. (così pure Cass. n. 26741/2014; Cass. n. 14041/2002, Cass.n. 10441/1996, Cass.n. 8098/1992)
Tali norme si fondano sul generale principio che la sanzione irrogata al lavoratore deve essere sempre proporzionata alla condotta posta in essere. Pertanto si è affermato che la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva in relazione a precedenti mancanze come ipotesi di licenziamento non esclude il potere-dovere del Giudice di valutare la gravità dell’addebito ai fini della proporzionalità della sanzione espulsiva.
Si è, inoltre, affermato che la contrattazione collettiva che preveda un’ipotesi automatica di sanzione disciplinare conservativa o espulsiva, prescindendo dalla valutazione della sua proporzionalità rispetto alla infrazione commessa dal lavoratore sia sotto il profilo soggettivo e sia sotto quello oggettivo, è nulla e, perciò, inapplicabile per contrasto con norme imperative dello Stato.