Il nuovo reato di depistaggio art. 375 c.p.
Cassazione sez. VI penale
Sentenza n. 24557 del 17 maggio 2017
“Il nuovo reato di depistaggio introdotto dalla legge 133/2016 è proprio del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio, la cui qualifica deve preesistere alle indagini e la funzione deve essere connessa all’accertamento inquinato. La condotta illecita deve essere finalizzata all’alterazione dei dati oggetto dell’indagine penale”
La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, ha affrontato, per la prima volta, il reato di c.d. “depistaggio”, introdotto dalla legge n. 133 del 2016 che ha innovato la lettera dell’art. 375 c.p., che ha inteso punire il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, con il fine di impedire, ostacolare o sviare un’indagine o un processo penale: imputa artificiosamente il corpo del reato, lo stato dei luoghi o delle cose o le persone connessi al reato, ovvero afferma il falso o nega il vero oppure tace, in tutto in parte, su ciò che sa intorno ai fatti (c.d. depistaggio informativo), salvo che il fatto costituisca più grave reato.
La sentenza affronta, specificamente, le questioni afferenti alla qualifica soggettiva
del soggetto agente, ossia pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, ed il carattere dell’elemento soggettivo richiesto, cioè il dolo specifico.
In merito al primo aspetto, i Supremi Giudici evidenziano che le qualifiche soggettive menzionate non sono rilevanti di per sé, ma unicamente se sussiste un legame tra il fatto incriminato e la qualità soggettiva da intendersi “nel senso della rilevanza della connessione tra qualità ed attività caratterizzante la stessa..”, ovvero deve esserci un nesso eziologico tra la funzione pubblica svolta e la condotta di depistaggio “ fisiologica convergenza di interessi tra pubblica amministrazione rappresentata e dipendente chiamato a svolgerne le funzioni”.
Quanto al secondo aspetto, poiché la norma non richiede soltanto la qualità soggettiva dell’agente, ma correla alla qualità soggettiva le varie condotte di configurazione del depistaggio, è proprio tale correlazione che giustifica l’inapplicabilità di reati meno gravi contro l’amministrazione della giustizia, nonché di quelli più gravi.
Ed in tale ottica è dunque coerente l’imposizione normativa dell’elemento soggettivo del dolo specifico, perché la condotta è punita se ed in quanto finalizzata ad impedire, ostacolare o sviare una indagine o un processo penale.
Pertanto, il reato di depistaggio si configura come reato proprio del pubblico ufficiale, o dell’incaricato del pubblico servizio, la cui qualifica sia preesistente alle indagini e la cui attività sia in rapporto di connessione funzionale con l’accertamento che si assume inquinato, dovendo essere la condotta finalizzata all’alterazione dei dati, oggetto dell’indagine o del processo penale, da acquisire o dei quali il pubblico ufficiale sia venuto a conoscenza nell’esercizio della funzione.