Danno da vacanza rovinata

L’art. 47 del Codice del Turismo (d.lgs. 79/2011) definisce il “danno da vacanza rovinata” come “un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”, a patto che l’inadempimento sia “di non scarsa importanza” (art. 47).
Trattasi di voce di danno non patrimoniale (nelle sue declinazioni biologiche, morali ed esistenziali) da distinguersi dal vero e proprio danno patrimoniale. Quest’ultimo si traduce in una perdita economica: ad esempio, mi hanno perso il bagaglio, il mio bagaglio ha un valore economico che mi deve essere risarcito; oppure: a causa di un ritardo del volo aereo, ho perso la coincidenza e ho dovuto comprare un altro biglietto aereo / ho dovuto pagare una notte in hotel ed ho pertanto diritto al rimborso.
Il danno da vacanza rovinata invece consiste proprio nella perdita di un’occasione di relax.
Prima del d.lgs. 79/2011, tale voce di danno veniva genericamente ricondotta all’art. 2059 c.c. che disciplina proprio il danno non patrimoniale. La norma però limitava e limita espressamente la risarcibilità del danno non patrimoniale “nei casi previsti dalla legge”. Quanto al danno da vacanza rovinata dunque, prima del 2011, non vi era una norma apposita che ne sancisse la risarcibilità, che veniva riconosciuta soltanto laddove vi fosse una lesione di un bene costituzionalmente protetto (ad esempio, il diritto alla salute, art. 32 Cost.). L’espressa introduzione di detta voce di danno ad opera del Codice del Turismo ha dunque sanato questa lacuna, aprendo alla piena tutela del turista.

Il danno da vacanza rovinata può quindi rientrare nel pregiudizio non patrimoniale unicamente solo laddove si sia risolto nella significativa lesione di un interesse personale costituzionalmente protetto (diritto inviolabile della persona) a tre condizioni: (a) che l’interesse leso – e non il pregiudizio sofferto – abbia rilevanza costituzionale (altrimenti si perverrebbe ad un’abrogazione per via interpretativa dell’art 2059 c.c., giacche qualsiasi danno non patrimoniale, per il fatto stesso di essere tale, e cioè di toccare interessi della persona, sarebbe sempre risarcibile); (b) che la lesione dell’interesse sia grave, nel senso che l’offesa superi una soglia minima di tollerabilità (in quanto il dovere di solidarietà, di cui all’art. 2 cost., impone a ciascuno di tollerare le minime intrusioni nella propria sfera personale inevitabilmente scaturenti dalla convivenza); (c) che il danno non sia futile, vale a dire che non consista in meri disagi o fastidi, ovvero nella lesione di diritti del tutto immaginari, come quello alla qualità della vita od alla felicità”
Il contratto di viaggio tutto compreso (pacchetto turistico o package) è diretto a realizzare l’interesse del turista-consumatore al compimento di un viaggio con finalità turistica o a scopo di piacere, sicché tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione dello scopo vacanziero sono essenziali.

In particolare, pertanto, la circostanza che il turista-consumatore venga alloggiato, per una parte del periodo di soggiorno in una struttura alberghiera di livello qualitativo inferiore rispetto a quella prenotata all’atto dell’acquisto e, per la restante parte del periodo di viaggio, presso questa struttura, ma ancora in fase di ristrutturazione, con molti dei servizi promessi (palestra, spa e piscina, spiaggia attrezzata) non ancora ultimati, diminuisce in misura apprezzabile l’utilità che può trarsi dal soggiorno nella località turistica, dando luogo alla fattispecie della vacanza rovinata.

In questo contesto, si inserisce una recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che riconosce al consumatore il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.

Il Supremo Collegio, Sezione VI, con l’ordinanza 16 marzo 2017 n. 6830, rifacendosi ad una  precedente decisione del 14 luglio 2015 n. 14662, riconosce il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale da  vacanza rovinata purché sussista la gravità della lesione e la serietà del  pregiudizio patito dall’istante.

Con la decisione  (non richiamato in sentenza) della III Sezione del 10 settembre 2010 n. 19283, il Supremo Collegio aveva  già stabilito che “l’organizzatore o venditore di un pacchetto turistico … è tenuto a risarcire qualsiasi danno subito dal consumatore, a causa della fruizione del pacchetto turistico, anche quando la responsabilità sia ascrivibile esclusivamente ad altri prestatori di servizi (esterni all’organizzatore turistico), salvo il diritto della stessa a rivalersi nei confronti di questi ultimi”.

Al riguardo, è opportuno evidenziare l’orientamento della Corte di giustizia Europea, la quale, prendendo le mosse dall’art. 5, Direttiva 90/314, ha sancito la responsabilità dell’organizzatore per l’inadempimento o l’inesatto adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto, affermando, di conseguenza, il diritto del consumatore, in tale ipotesi, al risarcimento del danno morale (Corte Giust. CE 12 marzo 2002 C-168/2000).

La sentenza non offre davvero altri spunti di motivazione in tema dei soggetti che ne devono rispondere; tuttavia consente di incidere maggiormente nel solco tracciato, in punto di danno, dall’art. 47 del codice del turismo, il quale stabilisce che “nel caso in cui l’inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 cc, il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.