Coppie gay, la Cassazione dice sì all’adozione del figlio del partner e alla trascrizione dell‘atto di nascita straniero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso

Con la sentenza 12962/16, la Corte Suprema si è pronunciata sulla “stepchild adoption” (l’istituto giuridico che consente al figlio di essere adottato dal partner – eterosessuale o omosessuale – del proprio genitore biologico), una delle forme di adozione «in casi particolari» prevista dalla legge 184 del 1983; si  riferisce al caso di due donne romane, che si erano sposate in Spagna.

La più giovane delle due, nell’ambito di una convivenza stabile e di un progetto di vita insieme, con procreazione assistita aveva dato alla luce una bambina, che oggi ha sei anni.

Nell’agosto 2014, la sentenza primo grado, emessa dall’allora presidente del tribunale dei minori di Roma Melita Cavallo, aveva riconosciuto per la prima volta in Italia la stepchild adoption; la sentenza è stata quindi confermata dalla Corte d’appello, ma la procura generale aveva fatto ricorso in Cassazione.

Gli ermellini, nel confermare l’adozione della coppia di donne omosessuali, oltre ad affermare che questa «non determina in astratto un conflitto di interessi tra il genitore biologico e il minore adottando, ma richiede che l’eventuale conflitto sia accertato in concreto dal giudice», hanno specificato anche che questa adozione «prescinde da un preesistente stato di abbandono del minore e può essere ammessa sempreché alla luce di una rigorosa indagine di fatto svolta dal giudice, realizzi effettivamente il preminente interesse del minore».

La prima sezione civile della Cassazione nella sentenza odierna specifica, inoltre,  che all’adozione «in casi particolari», prevista dall’articolo 44 della legge 184 dell’83, «possono accedere sia le persone singole che le coppie di fatto» e «l’esame dei requisiti e delle condizioni» imposte «non può essere svolto – neanche indirettamente – dando rilievo all’orientamento sessuale del richiedente e alla conseguente natura della relazione da questa stabilita con il proprio partner».

I giudici hanno sottolineato che «questa particolare ipotesi normativa» mira «a dare riconoscimento giuridico, previo rigoroso accertamento della corrispondenza della scelta all’interesse del minore, a relazioni affettive continuative e di natura stabile instaurate con il minore e caratterizzato dall’adempimento di doveri di accudimento, di assistenza, di cura e di educazione analoghi a quelli genitoriali».

Questa sentenza farà, come si dice, giurisprudenza nei Tribunali.

Intanto, le sentenze nelle aule di giustizia continuano a esprimersi sulle adozioni in coppie omosessuali.

 A Napoli il 5 maggio 2016 la Corte d’appello ha detto sì all’adozione di due bambini figli di due donne che si erano sposate in Francia, mentre a Torino il 27 maggio sempre la Corte d’appello ha stabilito l’adozione per i figli di due coppie lesbiche, facendo proprio un principio espresso dalla Corte di Cassazione, la quale  ha affermato che,  “la regola secondo cui è madre colei che ha partorito, a norma del III comma dell’art.269 c.c., non costituisce un principio fondamentale di rango costituzionale, sicché è riconoscibile in Italia l’atto di nascita straniero dal quale risulti che un bambino, nato da un progetto genitoriale di coppia, è figlio di due madri (una che lo ha partorito e l’altra che ha donato l’ovulo), non essendo opponibile un principio di ordine pubblico desumibile dalla suddetta regola”.

Da ultimo, l’ordinanza emessa in data 23 febbraio 2017 dalla Corte d’Appello di Trento,

inserendosi in questo filone è destinata a fare la storia, perché afferma che due gemelli, nati nell’ambito del progetto di genitorialità di una coppia omosessuale attraverso la procreazione assistita, hanno due padri. Ovvero, viene riconosciuto il pieno status di genitore non soltanto a quello che ha un legame biologico e genetico con i due bambini.

Per la prima volta in Italia viene riconosciuto il legame non biologico tra un padre gay e i suoi figli non attraverso un’adozione ma riconoscendo il certificato di nascita di un altro Stato attestante la doppia paternità di un bambino nato attraverso la gestazione per altri.

La Corte, così facendo, ha scritto a chiare lettere che non è accettabile la pretesa esclusività del paradigma genetico/biologico nella costituzione dello stato giuridico di figlio ed evidentemente di padre. Negare a un bambino di avere due genitori vuol dire ledere i suoi diritti fondamentali di essere umano. E sono la volontà di cura e l’assunzione di responsabilità a rendere genitori, più del legame biologico.

La Corte d’Appello di Trento ha sancito a chiare lettere come, nel nostro ordinamento. non vi sia un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato, ma,  all’opposto, come debba essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato; la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite.

Il mancato riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento italiano del provvedimento emesso da un giudice straniero – che ha riconosciuto e accertato l’esistenza di una relazione di genitorialità tra due minori e il padre non biologico – determinerebbe, infatti, un evidente pregiudizio per i minori che non si vedrebbero riconosciuti in Italia tutti i diritti che conseguono allo status di filiazione.

Pertanto, la rilevazione dell’utilizzo di una pratica di fecondazione non ritenuta lecita nel nostro ordinamento ( quale, appunto, quella dell’utero in affitto) non può determinare la negazione del riconoscimento ai minori dello status di filiationis legittimamente acquisito all’estero.

Si tratta di una pronuncia di assoluta rilevanza, in quanto per la prima volta un giudice di merito applica, in una coppia di due padri, i principi enunciati dalla Cassazione, con la sentenza n. 19599/2016, in tema di trascrizione dell’atto di nascita straniero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso.

In particolare:

  1. a) in merito al giudizio di compatibilità tra il provvedimento straniero e l’ordine pubblico, la necessità di far riferimento a un concetto di ordine pubblico dai contorni larghi, al fine di valutare non già se il provvedimento straniero applichi una disciplina della materia corrispondente a quella italiana, bensì piuttosto se esso appaia conforme alle esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo (in questo caso, del minore) come garantiti dalla Costituzione italiana e dai principali documenti internazionali in materia;
  2. b) l’esigenza di salvaguardare il diritto del minore alla continuità dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori, il cui mancato riconoscimento non solo determinerebbe un grave pregiudizio per i minori, ma li priverebbe di un fondamentale elemento della loro identità familiare, così come acquisita e riconosciuta nello Stato estero in cui l’atto di nascita è stato formato;
  3. c) l’assoluta indifferenza delle tecniche di procreazione cui si sia fatto ricorso all’estero, rispetto al diritto del minore al riconoscimento dello status filiationis nei confronti di entrambi i genitori che lo abbiano portato al mondo, nell’ambito di un progetto di genitorialità condivisa.